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La segretaria


di Marta-trav
19.08.2021    |    11.190    |    7 8.8
"Da questo momento in avanti sarai tu a decidere se proseguire o meno..."
Interrompo la pubblicazione dei racconti che descrivono una parentesi, piuttosto recente, della vita di Valeria e Stefano.
Credo che nessuno ci rimarrà male.
Pare infatti che quella storia, particolarmente aderente alla realtà, quasi autobiografica, non abbia interessato più di tanto le stupende persone che frequentano quest’altrettanto stupendo sito.
Un po’ mi dispiace. Anche perché quella descritta in quei racconti è, che ci si creda o no, una parentesi della mia vita.
E ritengo, forse con superbia, di aver avuto (e confido nel fatto che avrò ancora) una vita sessuale piuttosto intensa. Sicuramente insolita e interessante. Comunque mai banale.
Vedere che tutto ciò non interessa i lettori (come forse è normale e giusto che sia...del resto è la mia vita ed a me – e solo a me – sembra straordinaria) mi induce a provare a cambiare rotta.
Nelle prossime righe, infatti, verrà descritta un’altra storia.
Che si fonda, anche questa, su fatti realmente accaduti per lasciar poi spazio alla mia fantasia, seppur in minima parte.
Buona lettura…

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Le 19:30.
Tra poco meno di mezz’ora avrei mollato tutto, mi sarei lasciata alle spalle anche questa giornata di lavoro e me ne sarei tornata a casa da mio marito e dai miei due stupendi bambini.
Ho sempre dedicato gli ultimi minuti della mia giornata lavorativa alla lettura della posta.
Ormai arriva quasi tutto tramite posta elettronica. E quindi ho la possibilità di leggere i messaggi in tempo reale, sullo smartphone. Tuttavia c’è ancora qualcuno che si ostina a scrivere e spedire lettere.
Marta, la mia fidata collaboratrice, che svolge anche funzioni di segretaria, sa di poter e dover aprire tutte le lettere che arrivano, tranne quelle “un po’ particolari”. Una donna sa capire benissimo quali sono le lettere “un po’ particolari”.
E Marta è bravissima nel suo lavoro.
Stasera, sulla mia scrivania, ci sono una decina di lettere aperte ed una chiusa. Dunque Marta ha ritenuto che quella fosse una lettera “un po’ particolare”.
Ovviamente neppure per un secondo ho pensato di potermi dedicare alla lettura delle lettere aperte. La mia curiosità mi ha spinto ad aprire immediatamente quell’unica busta chiusa. Una busta celeste. Senza timbri o francobolli. E sopra c’è scritto, molto semplicemente, “per Laura”.
Laura, ovviamente, sono io. Una donna di 39 anni. Sposata con Giulio da nove. Madre di Camilla e di Tommaso.
Apro immediatamente la busta e dentro trovo un unico foglio e una decina di foto.
Sul foglio c’è scritto, in una stupenda calligrafia che, tuttavia, non riesco a capire se di un uomo o di una donna, “il tuo segreto è in buone mani, stai tranquilla”. La firma è, semplicemente, “T”.
Guardo le foto. Dunque qualcuno sa…
Gelo. Nella stanza e dentro le mie vene.
Chi è “T”? Cosa vuole da me? Sarà sicuramente un investigatore privato o qualcosa del genere. Ma assunto da chi? Certamente non da mio marito, che sarebbe l’unico ad averne un motivo. Ma lui, e di questo ne sono certa, non può essere stato. E quindi, mi ripeto, chi è “T” e cosa vuole da me?
Se “T” fosse un investigatore privato e sapesse fare bene il suo lavoro dovrebbe sapere perfettamente che l’unica persona che potrebbe essere interessata a conoscere il contenuto di quelle foto è proprio l’unica persona che, invece, non lo avrebbe mai assunto, almeno non per quel motivo.
E dunque non si tratta di un ricatto, nessuno vuole soldi da me, nessuno vuole vendermi il suo silenzio, nessuno vuole che io lo compri. Non regge.
E allora, mi domando ancora una volta, chi è e che cosa vuole “T”?
I miei occhi finiscono sulle foto contenute nella busta. Le guardo e sorrido. Certo che è proprio carina…
Ricordo perfettamente quel giorno, pochi giorni fa a dire il vero.
Lei era più carina e sexy che mai ed io la guardavo con occhi da adolescente. Ricordo soprattutto quello che è successo un’ora dopo che sono state scattate quelle foto. Peccato che il fotografo non fosse anche lì ad immortalare quei momenti.
In ogni caso sono serena. Mio marito Giulio sa perfettamente che intrattengo una relazione sessuale con Marta. Non sono lesbica. Sono felicemente sposata e sono felice quando sto con Giulio. Scopiamo alla grande, nonostante i figli. Spesso li lasciamo a dormire dai nonni, specie il fine settimana. I miei genitori e quelli di Giulio sono contenti e non ci ritagliamo un fine settimana di relax e di svago.
E scopiamo, senza limiti e senza tabù.
Abbiamo una piccola casa al mare che affaccia direttamente sulla spiaggia. Ogni tanto andiamo là. Mare, riposo e sesso. A Giulio piace scopare, a me piace scopare. Quando andiamo in quella casa giriamo completamente nudi. Lui è quasi sempre eccitato ed io quasi sempre bagnata. Tutto il resto ve lo lascio immaginare. Al tramonto, d’estate, scopiamo anche sulla spiaggia, all’aperto. Ci piace.
E Marta?
Anche Marta è sposata. Tuttavia non ho ancora capito quanto felicemente. E non ha figli.
Conosco il marito, molto più grande di lei. E so che lui non sa di noi.
Ecco, queste foto potrebbero mettere in difficoltà lei, sicuramente non me.
Ma il bersaglio di “T” sono io. Anche se devo ricordarmi di chiedere a Marta se anche lei ha ricevuto una busta analoga.
Richiudo le foto ed il biglietto nella busta, metto la busta nel cassetto della mia scrivania e lo chiudo a chiave.
Chiudo l’ufficio, scendo in garage, salgo in macchina, accendo il motore.
Decido di chiamare Marta. Mi risponde quando il primo squillo non è ancora terminato. Mi dice “Ciao!”. La sua voce mi fa vibrare, non vi dico le sue mani!
Le chiedo se è tutto ok. Non sento particolari emozioni nella sua voce. Forse la busta è arrivata solo a me.
Vorrei baciarla adesso. Vorrei averla accanto a me e toccarla. Mi limito a darle la buonanotte.
Innesto la prima e via.
Un quarto d’ora dopo sono a casa. Solita rapida cena e subito a nanna.
Giulio è in tiro, l’ho percepito appena entrata in casa. Mi chiede se oggi ho baciato Marta. Mi stupisco ancora di queste confidenze con mio marito. Gli dico di no, purtroppo. Gli dico che sono solo riuscita ad allungare una mano sotto la sua gonna e a toccarle il culo. Giulio è sempre contento quando gli racconto di me e di Marta.
Giulio allunga una mano. “Sei più bagnata del solito” mi dice. “Si vede che ho più voglia del solito” rispondo.
Mi chiede di sdraiarmi su un fianco. Lui si mette dietro di me. Mi entra dentro in un attimo, tanto sono bagnata. Inizia a spingere con forza. Mi piace tantissimo.
Giulio ha un cazzo non particolarmente lungo. Ma decisamente largo.
Ricordo la prima volta che mi ha chiesto di fare sesso anale. Non ero stupita dalla sua richiesta. Ero piuttosto preoccupata dalle sue dimensioni.
Ho iniziato a fare sesso a quattordici anni. Lui ne aveva trenta. Fu bellissimo. Per anni ho scopato quasi sempre con uomini molto più grandi di me.
Ma, prima di Giulio, nessuno era mai entrato nel mio culo. Con Giulio ci siamo conosciuti tre anni prima di sposarci. Io ne avevo ventisette. Dopo un anno di sesso sfrenato, fatto ogni volta che ne avevamo voglia e ovunque ci trovassimo, mi ha chiesto di scoparmi nel culo. Richiesta legittima. Anche io volevo provare il sesso anale. E quindi risposta affermativa. E’ entrato con difficoltà. Ma è entrato.
Anche stasera Giulio, dopo avermi sbattuta per un bel po’, me lo sta infilando nel culo. Ormai è abitudine. E, col tempo, ho iniziato a provare sempre più piacere nel prenderlo proprio lì. Che poi è l’unico posto nel quale me lo infila in quei giorni…
In quei giorni lì diventa più infoiato che mai. La fine del mio ciclo mestruale mi lascia sempre un ottimo umore e un buchino particolarmente dilatato.
Stasera Giulio decide di venire proprio dentro il mio culo, come accade sempre più spesso ultimamente.
Ci risistemiamo e buonanotte a tutti.
La sveglia suona presto. Giulio deve sbrigarsi, come tutte le mattine.
Io posso prendermela con più calma.
Sento mio marito che esce. Allungo la mano, accendo il cellulare e trovo un messaggio di Marta, una sola immagine, un emoticon, due labbra che mi stampano un bacio. Ricambio e mi infilo in doccia. Ho ancora tracce dello sperma di Giulio intorno al mio forellino.
Oggi devo scegliere con cura l’abbigliamento. Oggi dovrei riuscire ad avere un’oretta di tempo da dedicare a Marta. Immagino che anche lei si starà facendo bella per me.
Decido di non indossare le mutandine. So che a Marta piace molto. Anche a me piace che lei non le indossi. Ed anche lei lo sa. Autoreggenti nere velate e tacchi altissimi. Altri dettagli che piacciono a Marta. Reggiseno di pizzo nero con le coppe velate e trasparenti. Una camicetta, una gonna sufficientemente corta e sono pronta.
Arrivo in ufficio. Marta è già al suo posto. Anche lei indossa una gonna sufficientemente corta. Anche lei indossa calze nere e velate, anche se ancora non so se collant o autoreggenti. E tacchi altissimi. Mutandine? Lo scoprirò più avanti.
Marta, più giovane di me di quattro anni, lavora nel mio ufficio ormai da cinque anni. Brillante, molto preparata e molto disponibile.
Amica di una mia amica, l’ho assunta immediatamente.
Mi è piaciuta fin da subito. Dopo un anno scopavamo appena possibile.
Un pomeriggio, poco prima che chiudessimo l’ufficio, viene da me e mi dice: “Laura, non so come dirtelo, sono mesi che ci penso, so che quanto sto per dirti potrebbe costarmi anche il posto di lavoro”, lei parlava ed io la guardavo, chiedendomi dove volesse arrivare. “Tuttavia ho deciso di confessartelo. Sono attratta da te, sessualmente, intendo. Sei una donna bellissima. Quando ti vedo, tutti i santi giorni, il cuore mi batte all’impazzata, la mente fantastica e l’eccitazione sale. Tutti i santi giorni. Tutte le volte che ti vedo. Ecco, l’ho detto!”.
La mia reazione? Le sorrido, le dico di sedersi, mi alzo, mi avvicino a lei e la bacio, un bacio vero, di quelli con le lingue che si intrecciano.
Due minuti dopo ero al telefono con Giulio. Gli dico che c’è stato un imprevisto con un cliente. Gli chiedo di ordinare tre pizze e che avrei fatto tardi. Tutto questo glielo dico mentre Marta mi sta leccando proprio lì.
Abbiamo fatto l’amore. Per me la prima volta con una donna. Non ho mai saputo se lo fosse anche per lei.
Ci siamo spogliate a vicenda, quasi con violenza. Ci siamo buttate sul tappeto completamente nude. Ci siamo baciate con passione. Ci siamo toccate ovunque. Ci siamo leccate ovunque. Ci siamo esplorate ovunque. Alla fine eravamo stravolte e distrutte. Ma soddisfatte e appagate.
Marta non sa che Giulio, mio marito, sa di noi. Non ho ritenuto opportuno dirglielo.
Oggi Marta è tremendamente sexy. Non riesco a concentrarmi sul lavoro. Avrei mille cose da fare. Ma non faccio che pensare a lei.
Marta ha un corpo meraviglioso. Non un difetto.
Rossa di capelli, alta più di me, carnagione chiara, due gambe infinite, due tette sode e dure, un culo da favola.
Quando lavora è molto riservata, professionale. Ma quando fa sesso con me si trasforma nella peggiore delle troie. Sempre curiosa di sperimentare nuove cose. Sempre disponibile ad ogni mia richiesta. Sempre molto bagnata.
Oggi pomeriggio rimarremo sole in ufficio. Luca e Serena, gli altri miei collaboratori che, sospetto, stiano insieme, qualche giorno fa mi hanno chiesto di poter avere il pomeriggio di oggi libero. Ho subito accordato loro il permesso e dieci secondi dopo l’ho comunicato a Marta, facendole l’occhietto. Marta ha capito al volo.
E dunque eccoci qui, a far finta di lavorare, a fingere di essere occupate a fare qualcosa. In realtà stiamo aspettando che arrivi il pomeriggio, il nostro pomeriggio.
Giulio sa che oggi pomeriggio farò sesso con Marta. E non vede l’ora che arrivi stasera per ascoltare tutti i dettagli.
Arriva l’ora di pranzo. Luca e Serena salutano. “A domani” ci dicono. Io e Marta usciamo, andiamo a mangiare qualcosa. Tutte e due non abbiamo appetito. Tutte e due non vediamo l’ora di tornare in ufficio.
Una stanza del mio ufficio è sempre rimasta chiusa. E le chiavi le ho sempre tenute io. In quella stanza, dove custodisco alcune cose private, ho sistemato anche un divano letto matrimoniale. E’ lì che, di solito, io e Marta ci abbandoniamo al più perverso dei piaceri.
E’ lì che stiamo entrando in questo momento, io davanti, tutta indaffarata, con mano tremante per l’emozione, ad aprire la serratura e Marta dietro di me, con lo sguardo basso.
Appena dentro inizio a sbottonarmi la camicetta. Rimango in reggiseno. Metto le mani dietro la schiena ed inizio a slacciare i gancetti.
“No, aspetta!” mi dice Marta.
Mi fermo, mi volto e la guardo negli occhi, stupita.
Marta sta cercando qualcosa nella sua borsetta. Tira fuori una striscia di tessuto nero. Capisco immediatamente. Una benda.
Mi dice di voltarmi e me la fa passare sugli occhi. Stringe il nodo dietro la nuca, si avvicina al mio orecchio e mi sussurra dolcemente “non porto le mutandine”.
Mentre mi domando perché, stavolta, per la prima volta, Marta ha voluto usare quel diversivo, una benda, allungo una mano verso la mia figa. So perfettamente che è bagnatissima. Ma anche stavolta Marta mi dice di fermarmi, di non toccarmi.
“Cos’hai oggi?” le domando.
“Niente, tranquilla, lascia fare a me”.
Sento che afferra i miei polsi. Sento che me li porta dietro la schiena, con forza. Sento che me li lega con qualcosa. Se sono delle manette, sono sicuramente rivestite di tessuto, perché non sento il freddo del metallo.
Effettivamente le manette, o qualunque cosa sia, stringono bene e non riesco a liberare i polsi.
Marta se ne accorge e mi dice che è inutile che io provi a liberarmi, non ci riuscirei.
“Ma che cavolo le ha preso oggi?” continuo a chiedermi. Tuttavia mi fido di lei. E non le dico niente.
Poi mi slaccia il reggiseno. Che, tuttavia, non riesce a sfilarmi completamente a causa delle manette che mi ha serrato intorno ai polsi.
Forse si è accorta che ha sbagliato a immobilizzarmi i polsi prima di togliermi il reggiseno.
Ora mi slegherà i polsi, ne sono sicura.
Invece sento un rumore insolito. Ma capisco chiaramente che Marta ha appena tagliato, con le forbici, le bretelline del mio reggiseno, in modo da potermelo togliere completamente, rendendolo però inutilizzabile.
I miei capezzoli sono già rigidi. Sento che Marta li afferra tutti e due, contemporaneamente, ed inizia a strizzarli, tra l’indice e il pollice.
I mie capezzoli sono particolarmente sensibili. Marta lo sa perfettamente. Ne abbiamo parlato più volte. E quando facciamo l’amore lei me li succhia, sempre dolcemente. Ma adesso…
“Ahi” grido. Mi ha fatto male, ma non glielo dico. Non so cosa le sia preso oggi. Perché ha deciso di giocare in un modo nuovo e completamente diverso dal solito?
Continua a stringere i miei capezzoli. Il dolore è forte, ma resisto.
Sento che mi infila una mano sotto la gonna, giusto il tempo di avere conferma che non indossassi le mutandine.
“Brava”, mi sussurra all’orecchio.
Poi sento che mi slaccia il bottone, mi abbassa la zip…e la gonna cade ai miei piedi.
Marta si inginocchia, mi solleva le gambe, una alla volta, e mi toglie la gonna acciambellata intorno ai miei piedi.
Si rialza. Non la vedo, ma la immagino.
Ora sono davanti a lei. Indosso soltanto autoreggenti nere velate e tacchi a spillo. E nient’altro. Ho una benda sugli occhi e i polsi serrati nelle manette dietro la mia schiena.
Sento il viso di Marta che si avvicina al mio. Sento il suo odore. Apro istintivamente la bocca. E lei infila la sua lingua dentro la mia bocca. E contemporaneamente avvicina un dito alla mia figa.
“Ma sei già tutta bagnata!”, dice soddisfatta Marta.
Eh si, sono stupita del suo comportamento e mi domando dove voglia arrivare, ma sono anche eccitata e Marta lo vede chiaramente.
Fino a qualche anno fa non ho mai depilato completamente la mia figa. Non ci pensavo e Giulio non me lo ha mai chiesto. Poi è arrivata Marta e mi ha detto che a lei sarebbe piaciuto se mi fosse depilata completamente, proprio come faceva lei. Ed allora ho iniziato a depilarmi ed ora lo faccio regolarmente.
“Cosa ti è preso oggi?”, domando ancora a Marta.
Lei non risponde.
La sento muoversi. Poi la sento avvicinarsi a me. Sento dei rumori che non so decifrare con precisione.
Sento le sue mani che afferrano il mio sedere. Sento la sua lingua entrare nuovamente nella mia bocca. Sento le sue tette contro le mie.
Dunque anche Marta è nuda.
Dio, come vorrei vederla! Come vorrei toccarla! Ma purtroppo non posso.
Poi, improvvisamente, un grido. Il mio.
“Ma che fai? Mi fai male!”, grido.
“Scusami”, dice lei.
Altro dolore, altro grido da parte mia.
“Basta, Marta. Smettila. Mi stai facendo male. Non mi piace questo gioco. Slegami le mani e toglimi la benda!”, grido.
“Ti ho applicato due pinzette sui capezzoli. E, se non stai zitta, ti prendo a schiaffi!”, urla lei.
Cosa? Come? Come osa?
Marta, sempre dolce e tenera. Sempre delicata e coccolosa. Almeno finora.
Cose le è preso?
Decido di aspettare ancora prima di arrabbiarmi veramente.
Comunque mi fido di lei.
“Oggi devi fare quello che dico io, troia!”, grida ancora Marta.
Rimango in silenzio.
E’ perfino cambiato il tono della sua voce.
Mi afferra per un gomito e mi porta verso il divano letto.
Lo avevo già aperto la mattina. Tanto sapevo che io e Marta lo avremmo utilizzato.
Mi ci fa sedere. Mi mette una mano sullo sterno e mi spinge giù, con forza.
Le mie braccia sono dietro e sotto di me.
Le manette, o qualunque cosa sia che mi tiene legate le mani, entrano, seppur dolcemente, nella mia carne, proprio sopra il culo.
Provo dolore. Ma non dico niente.
“Allarga le gambe!”, mi dice Marta.
Lo faccio.
Sono turbata da questo insolito comportamento di Marta.
Turbata, non preoccupata.
Turbata, ma anche eccitata.
Sento un calore che avvolge il mio ventre.
Vorrei toccarmi, ma non posso.
Potrei chiedere a Marta di farlo per me, come ha già fatto tante altre volte in passato.
Ma non credo che sia il caso di chiederglielo. Non adesso, almeno.
So che lo farà, magari più tardi. Del resto siamo qui proprio per questo e lo sappiamo tutte e due.
Quindi devo solo aspettare e…
Toc, toc.
Qualcuno ha appena bussato alla porta.
Come è possibile?
Siamo nel mio studio.
E, quando siamo rientrate dal pranzo, sono sicura di aver chiuso la porta di ingresso.
“Vieni, entra”, sento dire a Marta.
“Marta, ora basta!”, le dico io. “Chi è che sta entrando? Come ha fatto ad entrare? Slegami e facciamola finita!”, dico.
“Ti ho detto di stare zitta!”, grida lei, di rimando.
Sento la porta che si apre.
“Ciao”, dice Marta.
Nessuna risposta. Nessuno che risponde al suo saluto.
Dunque non so neppure se è entrato un uomo o una donna. Se solo uno o più di uno.
Istintivamente chiudo le gambe.
“Apri le gambe!”, grida subito Marta.
Lo faccio.
“Dai, datti da fare”, dice Marta al nuovo arrivato.
Dalle parole usate da Marta deduco che si tratti di una sola persona.
Dai rumori che mi giungono alle orecchie, mi è chiaro che quella persona si sta spogliando.
Sento qualcuno che si siede sul divano letto.
Quel qualcuno si sdraia accanto a me.
Una mano si poggia sul mio ventre. Sale fino a toccare le pinzette che mi stanno torturando i capezzoli. Poi scende e, dolcemente, mi strofina il clitoride. Sento un dito che entra dentro di me. Sento la voce di Marta che mi sussurra all’orecchio “vedrai, ti piacerà tantissimo”.
La sua voce è tornata quella di sempre, dolce e calda.
Sento la sua bocca avvicinarsi alla mia.
Mi bacia.
Mi bacia e mi masturba.
Sento l’orgasmo montare.
“E’ tutta tua”, dice Marta, evidentemente rivolta all’uomo (perché sono certa che si tratti di un uomo) presente nella stanza. “Ed è pronta”, aggiunge.
Sento Marta che si allontana da me.
Sento che l’uomo si sta avvicinando.
Lo immagino in piedi davanti a me, che si sta godendo lo spettacolo di una donna nuda, sdraiata su un divano letto, a gambe spalancate, pronta all’uso.
Sento delle mani che si poggiano sul divano, non lontano dalla mia testa.
Avverto il contatto di un corpo con il mio.
Sento un viso avvicinarsi al mio. Ne percepisco il respiro.
L’uomo afferra le pinzette sui miei capezzoli e le toglie.
Sento le mie tette schiacciarsi sotto il peso del torace di quell’uomo.
Sento una bocca poggiarsi sulla mia.
Istintivamente la apro.
Ci baciamo.
Ha un buon sapore.
Sento il suo cazzo poggiarsi nei pressi della mia apertura.
Giusto un attimo ed è dentro di me.
Scivola dentro senza trovare alcuna resistenza.
Mi trova disponibile ad accoglierlo.
Mi scopa.
Percepisco chiaramente che quell’uomo ha un cazzo sufficientemente grande da farmi sentire piena.
L’orgasmo arriva veloce.
Ed io godo, gridando.
L’uomo si ferma e si sfila da me.
“Ora ti tolgo le manette”, mi dice Marta. “Ma tu non devi toglierti la benda, chiaro?”, dice ancora.
Annuisco.
Le mie braccia tornano a muoversi liberamente, finalmente.
“Ora mettiti alla pecorina”, mi dice Marta.
Mi ci metto.
L’uomo mi rientra dentro.
Marta si intrufola sotto di me ed inizia a leccarmi, succhiarmi e mordicchiarmi il clitoride, proprio mentre l’uomo mi scopa con forza.
Sto impazzendo.
Un altro orgasmo sta già risalendo dentro di me.
Immaginando la posizione della mia amica, allungo una mano e raggiungo il suo sesso.
E lo trovo zuppo di umori.
Anche Marta è eccitata.
L’uomo mi scopa con forza. Marta mi lecca con avidità.
L’uomo mi afferra per i fianchi ed inizia ad affondare i colpi dentro di me, con brutalità.
Marta continua a leccarmi, succhiarmi, mordermi…
Le mie dita sono infilate nella figa bagnatissima di Marta.
Io esplodo ancora, con violente scariche di godimento.
L’uomo non smette di spingere il suo cazzo dentro di me, in profondità.
Tuttavia, poco dopo, smette di pomparmi.
Esce improvvisamente dalla mia figa.
Non posso vedere quello che sta facendo. Ma posso immaginarlo. E non mi sbaglio.
Ed infatti, un attimo dopo, sento il suo cazzo poggiarsi sul mio forellino posteriore.
Temo di sentire dolore.
Il mio ano non è lubrificato
Marta deve essersene accorta.
“Aspetta”, dice all’uomo.
Sento una lingua leccarmi il buchino. La sento intrufolarsi dentro di me. Sento che si infila nella figa, raccoglie un po’ dei liquidi che la mia passerina sta producendo e poi sento che cerca di spingerli dentro il mio orifizio posteriore.
Poi sento un dito entrare. Poi ne sento due.
“Ora è pronta”, dice Marta.
Potrei reagire, lo so. Potrei ribellarmi, interrompere quei trattamenti.
Potrei gridare.
Potrei dire a Marta che quello è il suo ultimo giorno di lavoro.
Potrei dire e fare tante cose.
E tra queste scelgo quella dettata dall’eccitazione del momento.
Decido, cioè, di non fare e dire niente. E che siano Marta e quello sconosciuto a decidere cosa fare.
Penso questo proprio nel momento in cui il cazzo dell’uomo inizia la sua lenta ed inesorabile risalita nella mia cavità anale.
Le mie carni si arrendono immediatamente alla gradita intrusione.
Pratico sesso anale con mio marito piuttosto regolarmente ed il mio buco posteriore è abituato a quel tipo di visite.
L’uomo fa sparire il suo cazzo nel mio sedere.
Le sue mani, possenti, mi afferrano per i fianchi e mi tirano verso di lui ad ogni spinta del suo bacino verso di me.
Sento distintamente la sua virilità far scempio delle mie carni.
Questo ragazzo non avrà una dotazione super, ma la sa usare benissimo.
Sento l’eccitazione avvolgermi. Inizio a mugolare. Segno evidente che sto godendo. Ancora.
“Brava, troia. Lasciati andare. Godi”, la voce di Marta.
Ed io godo, per la terza volta, gridando tutto il mio piacere.
“Dai, ora falle quello che piace a me”, dice Marta.
A cosa si riferisce? Cos’è che le piace? Cosa starà per farmi?
L’uomo, di cui non conosco neppure il nome e del quale non ho ancora sentito neppure la voce, smette di scoparmi nel culo.
Quando esce percepisco che la mia cavità anale rimane aperta, slabbrata.
Marta mi dice di mettermi seduta sul divano letto. Lo faccio.
Sento le mani dell’uomo che mi afferrano i seni. Sento che inizia a premerli e a schiacciarli, come a saggiarne la consistenza.
Sento dei rumori che non so decifrare.
Un attimo dopo capisco di cosa si tratta.
L’uomo inizia ad utilizzare alcune corde sul mio corpo.
“Vedrai, ti piacerà tantissimo”, mi dice Marta, molto più eccitata di me che, invece, sono un po’ preoccupata per quello che sta per accadere.
Sento che il ragazzo fa scorrere una corda sotto il mio seno destro. Percepisco che cinge la mia tetta con quella corda. Sento che la corda inizia a stringersi intorno al seno. Non provo dolore. Non ancora, almeno.
La morsa continua a stringersi. Fino al punto che l’uomo ritiene opportuno.
Poi inizia lo stesso trattamento all’altra tetta.
Sento che il mio seno destro, il primo ad essere stato legato, inizia a pulsarmi, restituendomi sensazioni di fastidioso piacere. Percepisco chiaramente che il mio capezzolo destro è oltremodo proteso. Forse l’innaturale circolazione del sangue, indotta da quella forma di costrizione, contribuisce ad inturgidire il mio capezzolo.
Anche il mio seno sinistro inizia a restituirmi analoghe sensazioni.
“Le tue tette iniziano a diventare viola”, mi dice Marta.
“Devo preoccuparmi?”, le domando.
“No tranquilla. E’ normale”, dice lei.
Lui, invece, continua a non parlare. Lui agisce e basta.
Eccome se agisce.
Il mio grido, stavolta, è di dolore, più che di sorpresa.
“Zitta!”, grida stavolta Marta, nuovamente con un tono di voce che non le appartiene.
L’uomo deve aver nuovamente applicato una pinzetta al capezzolo del mio seno destro.
Inevitabile, a questo punto, il mio secondo grido, seppur contenuto nell’intensità, nel momento in cui mi viene applicata la pinzetta anche sul capezzolo dell’altro seno.
Penso che ho le braccia slegate. Penso che potrei reagire e togliermi quelle pinzette.
Lo penso, ma non lo faccio.
E non lo faccio perché mi piace quel trattamento.
Mi piace al punto che desidero che l’uomo prosegua e non smetta di torturarmi.
Perché mi sto nuovamente eccitando.
Immagino la mia segretaria/amante mentre si gode quello spettacolo. Molto probabilmente lei ha già subito un trattamento analogo. E chissà quante volte.
Ma ora è il mio turno.
Marta, chissà perché, ha deciso di farmi questo regalo. Ed i regali vanno accettati, che piacciano o no.
Ed a me questo regalo piace.
Avevo immaginato un pomeriggio completamente diverso da questo.
Ma ora sono disposta ad andare avanti.
Con Marta avrei fatto i conti un’altra volta. E gliela avrei fatta pagare a modo mio.
Ma ora devo…
“Ahi!”, grido, improvvisamente.
L’uomo ha afferrato la parte di corda che unisce i due nodi che mi ha fatto intorno alle tette, all’altezza del mio sterno, ed ha tirato verso l’alto, con forza, costringendomi ad alzarmi dal divano letto e mettermi in piedi.
Perdo momentaneamente l’equilibrio su quei tacchi altissimi che indosso.
Ma una mano mi trattiene ed impedisce di farmi cadere.
L’uomo mi ha letteralmente tirata in su per le tette, imprimendo una forza bruta alla corda, facendo protendere i miei seni verso l’esterno e verso l’alto, innaturalmente.
“Non gridare! Una schiava non grida. Accetta tutto quello che le viene fatto. E ringrazia per quello che le viene fatto. Se vuoi, da adesso in poi, potrai interrompere i giochi pronunciando la parola “Laura”. Finché non la pronuncerai (e non la pronuncerai vero?) io e Lui saremo autorizzati a fare tutto quello che ci passa per la testa, per il tuo e per il nostro piacere. Perché di questo stiamo parlando. Di piacere. Ormai ti conosco troppo bene per non sapere che al termine di questo pomeriggio sarai completamente appagata e mi chiederai di ripetere l’esperienza. Tutto chiaro?”, mi dice Marta, con tono severo e autoritario.
Annuii.
“No, non va bene. Non è sufficiente. Devi dire si, va bene”, mi dice ancora.
“Si, va bene”, dico io, dubitando che quelle parole siano uscite dalla mia bocca e siano frutto di una mia razionale volontà.
“Perfetto”, dice lei. “Ah, sappi che stiamo riprendendo tutto quello che sta succedendo. Ci sono due telecamere posizionate vicino a te, che riprendono da due angolazioni diverse. Fino a questo momento servivano per documentare la tua incondizionata accettazione. Da questo momento, invece, serviranno a documentare il piacere che ti sarà donato oggi pomeriggio. Una copia ti verrà consegnata. Un’altra la terrò io come forma di tutela. Tanto tu ti fidi di me, vero?”, dice Marta.
“Si…”, rispondo io, sottovoce e affatto convinta.
“Come? Non ho sentito”, dice ancora.
“Si, mi fido di te”, insisto, stavolta con voce calma e ferma.
“Perfetto. Da questo momento in avanti sarai tu a decidere se proseguire o meno. Se deciderai di andare avanti, ti assicuro che raggiungerai vette di piacere che non pensavi si potessero raggiungere. Se deciderai di smettere Lui se ne andrà subito. Tu neppure lo vedrai. Al contrario, se deciderai di arrivare fino in fondo, avrai modo di conoscere Lui. Tutto chiaro?”, ancora lei.
“Si, tutto chiaro”, rispondo io, stavolta convinta e determinata.
“Allora iniziamo”, dice Marta.

Torno a vedere. Finalmente.
Marta è nuda.
Anche lei, come me, indossa solo autoreggenti nere e velate e tacchi a spillo.
Ho voglia di saltarle addosso, di mangiarmela.
Accanto a lei c’è un uomo. Un ragazzo. Mi sorride.
Molto più giovane di noi.
Bello. Anzi, bellissimo.
Alto e moro, con occhi verdi.
Fisico scolpito. Ma non eccessivamente.
Pelle abbronzata.
Ed un cazzo in completa erezione che attira la mia attenzione.
Proprio quello che, poco prima, mi ha fatto godere, per l’ennesima volta in quel pomeriggio.
Ancora lucido dei miei umori.
“Lui è Teo”, mi dice Marta.
Lo guardo in silenzio, chiedendomi chi cavolo fosse Teo.
Marta mi viene in aiuto.
“Teo è il mio amante, da due anni. Ed è anche un bravissimo fotografo”, dice ancora la mia collaboratrice, facendomi l’occhietto.
Teo…un bravissimo fotografo…T…
“Tu sei quello che mi ha inviato la busta con le foto, giusto?”.
Sorride, con aria sorniona. Ma non mi dà la soddisfazione di rispondermi affermativamente.
“Un giorno Teo mi ha vista in tua compagnia. Ci siamo casualmente incontrati qui sotto, vicino l’ufficio. Quando ci siamo rivisti io e lui mi ha chiesto chi fosse quella donna meravigliosa in mia compagnia. Gli ho detto che quella donna era il mio capo e, contemporaneamente, la mia amante, la donna con la quale facevo sesso. Lui sa che sono bisessuale. L’unico che non lo sa è mio marito”, dice Marta, sorridendo.
Non si finisce mai di conoscere una persona…
“Da quel giorno ha iniziato a parlare in continuazione di te. Ho poi saputo che ha iniziato a seguirti, per conoscere le tue abitudini. Ed anche, diciamo, per lavoro. Nel senso che ti ha fatto centinaia di foto. Io le ho viste tutte”, dice ancora.
“Ti ricordi quando abbiamo iniziato a parlare del mondo bdsm e della sottomissione della donna? Ecco, a te sembrava che io non conoscessi quell’ambiente, giusto? In realtà lo frequento da un paio di anni ed è stato proprio Teo ad introdurmici. Ed ho pensato che potesse interessare anche a te. Mi sei sempre sembrata curiosa quando ne parlavamo. Non dirmi che mi sono sbagliata, ti prego”, conclude.
“No, non ti sei sbagliata”, dico io, guardandola negli occhi e sorridendole.
Sono esausta.
Non sono più riuscita a tenere il conto degli orgasmi che ho avuto.
Sono stremata.
Ma anche appagata, sessualmente e mentalmente.
Mi brucia tutto. Il mio culo e la mia passerina sono in fiamme e doloranti.
La mia bocca anche.
Le tette sono ancora viola, nonostante mi siano state tolte le corde.
“Tra poco torneranno come prima”, dice Marta.
I capezzoli sono ipersensibili.
Il sedere è completamente arrossato.
Marta inizia a smontare il set.
Ripone le telecamere nelle borse e richiude i treppiedi.
E fa tutto questo completamente nuda.
Me la vorrei mangiare, ma sono senza energie.
Per oggi basta sesso.
Ci salutiamo, dopo esserci dati una sistemata.
“A domani”, mi dice Marta, dandomi un casto quanto sensuale bacio sulla bocca.
“Alla prossima”, mi dice invece Teo. Assolutamente sicuro che ci sarà una prossima volta.

“Allora, come è andata oggi con Marta?”, mi domanda Giulio, appena varcata la soglie di casa.
“Tieni”, gli dico io, allungandogli una scheda di memoria piuttosto capiente in termini di gigabyte.
E’ sorpreso, non capisce.
“Dopo cena ci vediamo insieme il contenuto. Ora vado a farmi una doccia”, gli dico io.

Teo, anche se in quel momento ancora non sapevo che si chiamasse così, si è messo subito all’opera, trovando in Marta un’abile collaboratrice.
La loro missione, in quel pomeriggio bollente, è stata quella di abusare di me, di annientare la mia volontà, di sottomettermi ai loro voleri e di umiliarmi. E tutto questo per procurarmi piacere, fisico e psicologico.
Il risultato è stato pienamente raggiunto.
Il numero di orgasmi che hanno sconquassato il mio fisico e la mia mente ne è la prova evidente.
Teo è un professionista.
Marta un’eccellente assistente.
L’uso, sapientemente combinato, di strumenti di costrizione, di toys e dei corpi dei miei due aguzzini è riuscito a far crollare, in pochissimo tempo, le mie iniziali ritrosie ed a far sì che mi concedessi, completamente e senza freni, ai voleri della coppia della quale, quel pomeriggio, ero diventata un oggetto di proprietà.
La mia patata, il mio culo, le mie tette, la mia bocca…tutto fu adeguatamente stimolato e usato, a loro piacimento, per darmi e dargli piacere.
La doppia penetrazione alla quale sono stata iniziata (un fallo gigante nella passerina ed il cazzo di Teo nel culo) mi ha aperto gli occhi su nuovi orizzonti e su nuovi scenari.
Non potevo non condividere con mio marito quanto mi stava accadendo in quei momenti. Questo pensavo mentre Teo mi stava torturando il clitoride strizzandolo con due dita e contemporaneamente mi scopava il culo con il suo bel cazzone e Marta, a cavalcioni sul mio viso, si faceva leccare alternativamente il culo e la patata, particolarmente bagnata e grondante umori di piacere.
Sono state usate bende, corde ed altri oggetti a me sconosciuti.
Tutte cose che avevano lasciato segni evidenti sul mio corpo, qua e là.
Nulla che non fosse sparito nel giro di qualche giorno, intendiamoci.
Ma, considerato che, tornata a casa, Giulio, dopo aver ascoltato il mio resoconto su quello che lui riteneva essere stato un incontro soltanto tra me e Marta, molto probabilmente avrebbe preteso di scoparmi, come era sua abitudine (e diritto) dopo aver ascoltato le mie parole sui miei incontri amorosi con Marta, ho preferito anticipare le sue mosse e consegnargli la scheda di memoria e visionarne il contenuto con lui prima ancora di mettermi nuda, aprire la gambe e farlo entrare dentro di me.
Il risultato è stato che Giulio ha sborrato due volte nel giro di mezz’ora, come ormai non gli capitava più da anni.
E che è stato fiero ed orgoglioso del mio comportamento, immortalato in quelle immagini che ci hanno permesso di trascorrere una serata all’insegna della trasgressione e della bramosia.
L’incitamento di mio marito è stato tanto determinante, quanto inatteso.
Il giorno dopo ho detto a Marta che volevo assolutamente ripetere l’esperienza del pomeriggio precedente.
“Golosona”, ha risposto lei, nuovamente nei panni della segretaria professionale e non più in quelli della padrona esigente e severa da lei perfettamente indossati il giorno prima.
Con Marta e Teo ho scoperto il sesso, quello vero, fatto di audacia, di sperimentazione, di curiosità, di dolore e, talvolta, di imprudenza.
Giulio mi incitava ad organizzare incontri con loro due. Marta e Teo non hanno mai saputo con quale enfasi mio marito pretendeva che li incontrassi e che mi concedessi, incondizionatamente, a loro. La stessa enfasi con la quale poi pretendeva che gli raccontassi tutto, fin nei minimi dettagli.
Godeva dei miei racconti.
Non mi ha mai chiesto di partecipare.
Ha passivamente accettato che la moglie, oltre ad intrattenere una relazione sessuale con la sua segretaria, introducesse nel suo letto anche l’amante di lei.
Quegli incontri a tre lo infoiavano oltre ogni limite.
La sera prima di uno di quegli incontri Giulio era eccitato più del solito. Mi scopava con violenza, quasi sempre nel culo.
Pretendeva di venirmi in bocca, pretendeva che io bevessi tutto.
Era cambiato Giulio, così come ero cambiata anche io. Tutti e due in meglio, mi pareva.
Ed al ritorno da uno di quei “mènage à trois” lo trovavo impaziente di sapere ed impaziente di scopare, esattamente in quest’ordine.
Interrompeva in continuazione il mio resoconto, facendo domande e chiedendomi sensazioni.
Il suo cazzo, durante quei reportage, tornava ad un vigore post adolescenziale.
E la sua voglia di fare sesso con me travolgeva tutto e tutti.
Marta e Teo avevano stravolto la mia vita.
Giulio ne assaporava i risvolti.
Io avevo due uomini e una donna a disposizione per dar sfogo ai miei istinti più selvatici.
Mi sembrava una situazione di perfetto equilibrio.
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